Un tranquillo week-end di paura

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Dopo una notte a lungo insonne, complice una narice intasata che per ore non aveva voluto sapere di aprirsi, sabato mi sono svegliato alle undici e mezza, cosciente di dovermi alzare in tempo prima che chiudesse l’ufficio postale.
Ho aperto le finestre e le persiane su un’altra giornata di sole stabile e inondante, mi sono vestito senza neanche lavarmi la faccia e sono uscito dirigendomi in garage.
Lanciato a bordo della silenziosa Cavallona, l’impressione di bellezza rinfrancante della natura al massimo del rigoglio, e della luce circostante, forte e amica, ha superato le barriere dell’intontimento, e mi ha regalato, un po’ a sorpresa, nuove gradevoli sensazioni positive.
Dopo l’inevitabile coda in posta, ho allungato la strada fino al distributore di metano. Come di norma sono sceso durante il rifornimento, e ho camminato, adagio, nell’area asfaltata fra la batteria di auto attaccate ai tubi del gas e i campi incolti di fronte. Vuoto mentale, perdersi nella primavera inoltrata, essere tutt’uno con i momenti più belli dell’anno.

Al ritorno ho riportato la giornata nei miei canali abituali: bevuta di quasi un litro d’acqua del rubinetto, preparazione delle fragole con il limone e il miele, raschiatura della carota presa dal frigorifero, fino a farla diventare di un bell’arancione chiaro uniforme, e, senza aspettare altro tempo, ho mangiato entrambi i cibi, e subito dopo, al solito, qualche cucchiaino di semi oleosi: nell’ordine girasole, canapa, zucca. Poi ho acceso il computer per mettermi in contatto con il resto del mondo, come sempre.

La notizia della bomba di Brindisi mi è arrivata dapprima per cenni, appena citata su un forum di altro argomento, poi, in tutto il suo clamore giornalistico, nella testata del ‘Fatto quotidiano on-line’ e nei primi articoli di commento.
Della portata di emozione collettiva, come ai tempi del terremoto dell’Aquila e di altri eventi tragici, ho avuto immediata testimonianza quando ho aperto la pagina di Facebook.
Frasi di sdegno, di rabbia, di vendetta, e le prime ipotesi di spiegazione dei retroscena dell’attentato, espresse in prima persona o linkando altri articoli.
Sono soprattutto le donne, a cercare di dare espressione e condivisione a un’ondata di dolore che le ha colpite a tradimento, in sintonia, sia pure con le dovute proporzioni, con le vittime dirette dell’attentato e dei loro disgraziati parenti; dagli uomini, invece, tentativi d’interpretazione del significato dell’attentato, o reazioni di rabbia vendicativa.

E da parte mia? Un avvicinarmi graduale, controllato, forse pigro, sia alla comprensione di cuore (la condivisione dolente della ferita) sia a quella razionale (capire il significato politico e sociale più autentico) di quanto avvenuto.
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L’immagine della ragazza uccisa, che trovo linkata da un’amica, è come uno schiaffo su questo mio approccio graduale, forse restio, forse ancora troppo distaccato.
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La voglia di capire, comunque, prevale sullo sgomento, traducendosi, e lo farà a più riprese durante la giornata e poi di notte al ritorno del lavoro, nell’avida lettura di molti articoli. Tendendo a sedimentarsi nell’alternativa fra due ipotesi: quella che la strage non sia stata altro che un messaggio di Bernardo Provenzano, per ottenere la libertà dal carcere duro (sulla falsariga delle velate minacce di suo figlio, di recente intervistato per ‘Servizio pubblico’), e quella, che mi appare comunque molto più degna di condivisione, che l’episodio sia l’ennesima replica della strategia della tensione, che avevo guarda caso citata anche nel mio ultimo post.
E fra gli articoli letti, è questo, a firma Enzo Di Frenna, che eleggo come più approfondito e suggestivo.

Un paio d’ore di sonno profondo nel tardo pomeriggio servono a ricaricare le batterie in vista del sabato sera lavorativo. Al risveglio mi concedo anche un caffé, come non facevo da molto tempo: uno strappo alle mie nuove regole ecologiche e salutistiche.
E affronto con la giusta concentrazione e tranquillità le tante richieste di trasporto e le difficoltà di itinerario, legate alla nuova pedonalizzazione integrale di parte del centro storico durante i fine settimana. I giornali-radio parlano a lungo dell’attentato: i clienti a bordo a volte ascoltano e commentano, altre volte sono troppo impegnati a chiacchierare fra loro, presi dall’atmosfera dell’ennesimo ‘saturday night‘ cittadino, e relativa, ricorrente ‘fever‘.

Rientro poco dopo l’una e, come dicevo, non rinuncio a collegarmi alla Rete, nonostante abbia deciso di puntare la sveglia poco dopo le sette per partecipare alla “Minimaratona Aposa” (con l’accento sulla ‘A’), una corsa podistica non competitiva alla periferia di Bologna, lungo il corso del piccolo omonimo fiume, che riaffiora a Nord dopo averne attraversato sotterraneamente il centro.
E così sono quasi le tre quando mi infilo sotto le coperte e spengo la luce. Le narici questa volta sono entrambe aperte, ma quella dormita pomeridiana e quel caffè hanno spezzato i miei ritmi, e il sonno non arriva.

Qualche minuto dopo le quattro lo riconosco immediatamente, un fenomeno con cui non mi sono mai dovuto realmente misurare in vita mia: il terremoto.
A differenza di sogni ricorrenti in cui mi capita di svegliarmi con quell’impressione, per poi rendermi conto che sono io stesso ad agitarmi nel letto, questa volta, inequivocabilmente, sono vittima di quelle spinte laterali, di quei sussulti da parte di una forza misteriosa, che continuano a lungo, come non ho mai sperimentato. Voci un po’ concitate, femminili, da un appartamento vicino; uno scricchiolio sinistro, non so se della parete o degli alberi attigui.
Ma ancora, in me, quello stesso atteggiamento avuto per la notizia della strage: controllo, attesa, attenzione graduale. Finché non smette.

La preoccupazione viene ora. Perché, ora, ho paura che riprenda in qualsiasi momento e con imprevedibile intensità. Chissà quanta devastazione ha portato, e dove. Ma continuo a non muovermi dal letto.
Non sono ancora le quattro e mezza quando decido di accendere il telefonino, magari qualcuno ha avuto voglia, o bisogno, di parlarmi.
E in effetti l’sms di una cara amica bolognese (di antico corso…) mi chiede di chiamarla sul telefono fisso.
Parlo con lei a bassa voce, come abituale precauzione nei confronti dei vicini, nonostante sia una notte speciale, una notte da ‘Nessun dorma’.
Mi dice che per radio le notizie ANSA non parlano di danni gravi. Ma so che un terremoto, come pochi altri eventi, ha anche il potere di incrinare i moderni sistemi di diffusione immediata delle notizie più importanti, tanto più a quest’ora, e in una notte fra sabato e domenica, quando ben pochi addetti all’informazione sono tenuti a lavorare.
Telefono e computer sono vicini: durante la conversazione lo accendo. Al di là dell’informazione precisa della notevole potenza della scossa, di magnitudo non distante da quella dell’Aquila, neanch’io trovo altre notizie.
Su Facebook, invece, è un sorprendente fiorire di conversazioni, di scambi di impressioni, fra i miei corrispondenti e i loro amici. Lo stesso bisogno di comunicare telefonicamente avvertito dalla mia amica, e in fondo anche dal sottoscritto, si manifesta clamorosamente in un ambito relativamente nuovo. A cui però preferisco non aggregarmi, continuando a privilegiare l’aspetto puramente informativo delle pagine pubbliche del social-network.
Saluto la mia amica, le dico che ho la sveglia puntata poco dopo le sette, e torno a letto.
La scossa poco dopo le cinque, stranamente un’ora esatta dopo la prima, è molto più debole, e quasi serve a esorcizzare la paura. Così, pian piano, riesco a prendere sonno, con sogni confusi.

Il corso dell’Aposa, mentre correndo in fila con tanti altri podisti ne accompagno la corrente allontanandomi dal centro, apre sorprendenti scenari di natura selvaggia e testimonianze delle antiche attività di quella ‘città delle acque’ che per diversi secoli fu Bologna. L’aria è fresca ma l’alto tasso di umidità fa sudare; un sole un po’ velato a tratti ha la meglio sulla pioggia incombente.

Rientrato a casa intorno alle undici, mi preparo il pranzo subito dopo la doccia; un lungo pomeriggio mi si para davanti, da riempire, come ieri, con il recupero del sonno (che sarà interrotto solo da una nuova breve scossa) e l’accesso alle informazioni su internet.
Quelle sulla vera e drammatica entità dei danni affiorerà molto lentamente: a lungo il titolo principale del ‘Fatto-on line’ sarà ancora dedicato alla strage di Brindisi.

La serata di lavoro è molto produttiva, ma, affrontata questa volta senza l’aiuto chimico della caffeina, la concentrazione è faticosa, sotto una pioggia continua che, riflettendo sull’asfalto i fari delle altre auto, aumenta i pericoli del traffico.

E viene comunque presto l’ora di calare il sipario su questo disgraziato fine settimana.
Vado a dormire sperando che la terra sotto di me faccia altrettanto, e lasciando che emergano alla coscienza, e poi passino, scenari di distruzione riguardanti anche la mia vita.
Intanto, non lontano, migliaia di persone dormiranno fuori casa, mentre alcune piangeranno i loro morti o la perdita delle proprie cose, o della propria attività lavorativa, o anche solo dei monumenti più importanti delle loro piccole città.
Mentre più lontano, a Sud, il dolore di tante famiglie sarà ancora più straziante.
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Immagini iniziali prese da http://www.ilfattoquotidiano.it/
L’immagine di Melissa, da http://www.byoblu.com/

Informazioni su Franz

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20 risposte a Un tranquillo week-end di paura

  1. annamaria49 ha detto:

    Un fine settimana tragico che continua a vivere nei cuori, troppo dolore, troppa angoscia. Auguriamoci che sia fatta chiarezza per Melissa, fiore reciso, e che i luoghi colpiti dal terremoto non siano dimenticati, come già è accaduto in passato.
    Hai scritto una bella pagina, non ho null’altro da aggiungere alla tua esaustiva e profonda cronaca di un fine settimana che è già alle spalle.
    un caro saluto
    annamaria

    • Franz ha detto:

      Difficile condividere il tuo duplice auspicio, sulla base dell’esperienza di tanti anni di insabbiamenti delle stragi e abbandono nei confronti di chi è colpito dalla spietatezza, dell’uomo o della natura.
      Quello che possiamo fare è vigilare, non stancarci di cercare e diffondere le verità che a volte affiorano fra le versioni ufficiali dei fatti, e non dimenticarci delle popolazioni colpite (ora qui in Emilia, come in tempi più o meno recenti ad Haiti, o all’Aquila, o in Siria, o nel Sud Sudan, o in tanti altri teatri di desolazione).

      Grazie delle tue belle parole e un caro saluto a te.

  2. Luca ha detto:

    Ci sono morti che hanno un valore simbolico non riducibile alla quantità: a Brindisi c’è stata una sola vittima, non comparabile sul nudo piano delle cifre alle vittime della furia di uno o più cowboys ubriachi in Afghanistan, o di quelle delle squadre della morte siriane.

    Per non parlare dei bambini che, nel Terzo Mondo o nella periferia del Secondo e talora anche del Primo, muoiono di malattie da cui il figliolo dell’avvocato guarirebbe in poche ore complicazioni comprese.

    Non so se è giusto.

    Forse non lo è, perchè anche nella diffusione delle notizie e nella distribuzione del dolore tanto il nazionalismo quanto lo suilibrio fra Nord e Sud e fra Occidente e Oriente del mondo giocano il loro triste ruolo.

    Forse lo è, perchè ci sono delle morti dettate da pura belluina ferocia che fanno paura e tristezza ma restano fini a se stesse; e ci sono delle morti dettate da cinici agghiaccianti calcoli che fanno orrore ed angoscia per quello che significano nell’equilibrio etico fra una ipotesi indistinta di Bene e un’assoluta certezza di quello che è il Male.

    • Franz ha detto:

      Certo, è molto irrazionale, per non dire squilibrata e ingiusta, l’emozione a fronte di episodi che sentiamo più o meno vicini al nostro cammino quotidiano, sia perché geograficamente prossimi, sia perché diversamente enfatizzati dai media.
      Uno sguardo disincantato e informato su un mondo grondante ingiustizia, sangue e dolore tende a ristabilire un po’ le proporzioni, e sembrerebbe doverci impedire per sempre la possibilità di essere sereni e addirittura gioiosi.
      Eppure, come rispondevo nel commento precedente a Loretta, se vogliamo influire positivamente sulla realtà è importante ricaricare le nostre batterie, sempre e il più possibile, a quelle native fonti di energia.

  3. Loretta ha detto:

    Ciao Franz, che dire di fronte a tante tragedie.
    L’impotenza è il sentimento che mi accompagna, non potere nulla contro la natura matrigna
    e nulla contro le menti malate.
    Dopo aver superato anche la notte del terremoto ,vissuta con angoscia prima e con rassegnazione poi , mi sconvolgo ulteriormente davanti alla notizia di un padre che butta
    via i figli dal balcone.
    Poi in realtà si fà di nuovo sera ed ognuno di noi torna alla sua normalità, ai suoi affanni
    quotidiani ed il mondo fuori viene un attimo allontanato per poterci preparare ad
    affrontare il domani.

    • Franz ha detto:

      Anche episodi così disumani e gravidi di dolore, in fondo, non sono che una goccia nell’oceano di quotidiano dolore che un’enorme parte dell’umanità è costretta quotidianamente a patire; la differenza è solo che ci emozionano di più perché li sentiamo più vicini.
      Questo pensiero può aiutarci ad accettare, in maniera razionale ma non cinica, tale stato di cose, e a recuperare un atteggiamento serenamente costruttivo per cercare, quotidianamente, di migliorarlo.

      Un caro saluto.

  4. pulsatilla ha detto:

    Ciao Franz, bell’articolo. Sandra

  5. duhangst ha detto:

    E’ stato un fine settimana veramente sconvolgente.

  6. Milvia ha detto:

    Mi sembra, caro Franz, che il disequilibrio della nostra amata (e vilipesa) terra non abbia per niente fatto oscillare il tuo equilibrio.
    C’è, anche in questa pagina, la dolce descrizione del tuo benessere quando ti accosti alla natura, così vivida che un po’ ne godiamo anche noi; ci sono i colori del pranzo (o colazione), che son tutti colori solari, un quadro un po’ naif, anche con quei semini, che mi ricordano gli uccellini che vengono a becchettare dai tempi del “nevone” sul mio terrazzo, ma che… becchetto anch’io, e con gusto.
    Poi le tue reazioni, e considerazioni, a quanto è successo in questo fine settimana crudelmente fuori dell’ordinario. Attente, ma non indifferenti; razionali, ma non prive di empatia verso le vittime.
    Reazioni e considerazioni che si distaccano in maniera molto incisiva da tutte le parole troppo emotive, troppo cariche di retorica, che sono apparse in rete, comprese le mie.
    Eppure la partecipazione alla sofferenza qui si sente, e, forse, fa muovere qualcosa, all’interno di chi ti legge, più che tante frasi grondanti di lacrime. Ma te l’ho sempre detto, tu hai una scrittura “in punta di piedi”, ma che, straordinariamente, lascia belle orme, nel suo andare.
    Anche questa sera è una serata fuori dell’ordinario, ma in maniera positiva, per chi ha sperato in un certo risultato elettorale. Almeno, ogni tanto, qualcosa per cui rallegrarsi, succede.
    E, in conclusione, qualunque cosa tu abbia spedito dall’ufficio postale (doveva essere importante, se hai fatto una levataccia, relativamente ai tuoi orari abituali), ti auguro che giunga felicemente a destinazione e che sia accolta altrettanto felicemente, alla fine del viaggio.
    Un abbraccio, caro Franz.

    • Franz ha detto:

      Cara Milvia, il comandamento più importante del mio scrivere è la sincerità, e probabilmente è da quello che derivano le qualità che così generosamente (e ancora una volta) decanti, con effetti peraltro utili alla mia determinazione nel continuare a picchiettare tasti del computer, più ancora che alla gratificazione del mio ego.
      Il lunedì, con la gioia di chi non osava sperare in quanto è successo a Parma (e a Comacchio, e a Mira), ha portato conforto alla speranza, reduce dal doppio attentato del nerissimo fine-settimana.
      E ora l’immagine degli uccellini che vengono a becchettare i semi sul tuo davanzale ci riporta a stati d’animo davvero primaverili, d’attesa e rinnovamento.
      Grazie di cuore delle belle parole, e anche per gli auguri circa la mia missione in posta (sembra quasi tu mi abbia letto nel pensiero… 😉 ).
      E un abbraccio a te.

  7. Carlo ha detto:

    Caro, vedo con piacere che stai bene.
    Ho diversi amici e conoscenti (alcuni solo virtuali) nell’area del bolognese, e appena ho saputo della scossa -che ho avvertito distintamente nonostante io sia quasi al confine con la Francia- il pensiero è subito andato a voi… In quasi tre giorni sono comunque riuscito ad avere notizie di tutti e ora posso tirare un sospiro di sollievo.
    Il terremoto, dicevo, l’ho sentito anche io, anche perché ha fatto capitombolare giù dal trespolo Dido, il mio pappagallino, che ruzzolando in terra ha fatto un gran baccano. Nemmeno il tempo di svegliarmi che già il letto ondeggiava allegramente… non ci ho dato peso, perché qui da noi si balla spesso. In genere l’epicentro è il cuneese, o il Mar Ligure, e infatti pensavo che fosse l’ennesima scossetta di III, IV grado al massimo troppo distante o comunque troppo profonda per allarmarmi davvero. Non avrei mai detto che potesse trattarsi di un terremoto distruttivo, così lontano, peraltro.
    Devi sapere che qui una grande scossa la attendiamo da tempo, precisamente dall’ultima che ha devastato tutti i comuni della zona, da XXmiglia a Diano Marina, passando per Sanremo, Bordighera (che nella parte vecchia è rimasta tale e quale, ovvero sventrata) e Imperia, datata 1887 e rimasta impressa sulle travi e sui contrafforti di tutti gli edifici dell’epoca che bene o male le sopravvissero.
    Il guaio è che, come in altre zone d’Italia, si vive sulla soglia di una tragedia, perché per prevenire il terremoto in tutti questi anni s’è fatto davvero poco: l’abusivismo selvaggio e le costruzioni del boom economico hanno creato decine di migliaia di alloggi, il mio compreso, che già scricchiolano quando le corriere imboccano la via con troppa velocità, figurarsi cosa accadrebbe mai se un terremotone coi contro Mercalli decidesse di farsi vivo…
    Si spera in bene e si esorcizza la paura pensando che le tante scossette che avvertiamo (dall’inizio dell’anno saranno già state 5 o 6, forse abbiamo un’attività di poco superiore alla media) servano alle faglie per scaricare l’energia che accumula negli anni di silenzio, anche se poi i recenti accadimenti sembrano spiegare quasi l’opposto, e le scossette che s’intensificano paiono spesso essere preludio di quella enorme…
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    Veniamo a Brindisi: è un avvenimento che mi ha scioccato enormemente, specie durante le prime ore in cui ho provato a metabolizzarlo (alle 11:40 di sabato mattina già scrivevo le prime considerazioni sul blog), dato che mi ha fatto ripiombare in uno dei ricordi più cupi e tristi della mia infanzia…La strage di Capaci! a
    Avevo solo sei anni, ma ricordo nitidamente quel sabato che nei miei ricordi pareva di estate ormai inoltrata (evidentemente faceva già molto caldo) in cui tutte le televisioni si sintonizzarono sull’autostrada di Palermo.
    Non sapevo cosa fosse la mafia ”uomini cattivi” mi disse la mamma, ma non capivo quanto dovessero esserlo davvero per far saltare in aria auto e corsie… Non sapevo nemmeno cosa fosse un giudice, ”uomini che tentano di arrestare i cattivi”, mi spiegò la mamma, e allora provai un odio cieco verso questi individui che erano arrivati a tanto, perché riuscii a realizzare che eravamo tutti in pericolo, se fosse passata la loro linea di condotta.
    Ricordo proprio un brivido lungo la schiena. E questo è davvero strano, perché ricordo anche che da bambino avevo la capacità di non sorprendermi mai di nulla. Credevo in Babbo Natale e davo per scontato che svolazzasse per il cielo e visitasse tutti i bambini del mondo in poche ore; credevo nel topolino dei dentini e davo naturalmente per ovvia l’esistenza dei miei eroi dei cartoni. Pure la guerra nella ex-Jugoslavia pareva un film.
    La Mafia no, riuscì a farmi paura. Riuscì a minare le mie (tante) certezze di bambino.
    Non è un caso se durante tutta l’adolescenza ho divorato libri sull’argomento e se per tanti anni ho inseguito il sogno di diventare magistrato per entrare nell’antimafia (ora proviamo il concorso per l’avvocatura, poi si vedrà).
    Dunque puoi immaginare come ho vissuto la mattinata di sabato. Passato lo sbigottimento iniziale e quella furiosa rabbia che quasi m’imbambolava, però, ho iniziato a ragionare… non ripeto il passaggio logico, che troverai sul blog, ma a poco a poco mi son convinto che non potesse trattarsi della mafia. Non era da lei (salvo che non fosse un clan di ragazzotti esaltati che vogliono ottenere il rispetto con il terrore, ma anche in questo caso dovrebbero vedersela con i capibastone della SCU che già gestiscono da prima di loro il territorio), non è furbo, visto che si va a gettare un faro in un territorio in cui la malavita è molto attiva e non ha certo bisogno di avere l’esercito in casa.
    In questo senso ho trovato Il Fatto un quotidiano enormemente allarmista e complottista. L’articolo che tu citi, sinceramente, sabato scorso mi ha quasi disgustato, perché poco serio… non meriterebbe forse nemmeno di stare in un blog, figurarsi su di un quotidiano a carattere nazionale. Ero infatti persino tentato di scrivere il mio sdegno alla redazione!
    Non si può scherzare così con la paura della gente! E’ giusto fare ipotesi, ma nel farle è bene vagliarle tutte, con maggior lucidità, anziché far filtrare nella testa di chi legge il germe del dubbio, della paura, del complotto.
    Anche la strategia della tensione, per quanto più fondata di quella dell’attentato mafioso, puzza. Perché avrebbero potuto organizzare meglio l’attentato, facendo addirittura saltare in aria un’intera scuola, perché avrebbero potuto usare un esplosivo più “raffinato” e meno da novelli, e perché non ha comunque senso far saltare in aria una scuola. Cioé, quale gruppo di menti malate potrebbe mai tessere simili piani?
    No, credo che la mente malata sia una. Una soltanto. La mente di un folle che conosceva bene la sua vittima, che l’aveva magari conosciuta in chat, che aveva avuto addirittura una storia, o che era stato subito respinto… insomma, credo che si tratti di uno squilibrato che voleva distruggere l’oggetto del desiderio e tutto il suo mondo… ma qui mi fermo perché sennò rassomiglio troppo a quegli odiosi opinionisti televisivi sempre convinti di sapere tutto…
    L’unica cosa che mi rasserena è che non credo si tratti di un disegno criminale d’ampio respiro, nonostante le coincidenze col periodo stragista siano tantissime e l’ipotesi terroristica resti aperta…

    • Franz ha detto:

      Il ponente ligure come San Francisco…: mi auguro di cuore che la scossa con i contromercalli 😀 (quella che gli Americani chiamano “the big one”), resti sempre solo una minaccia, ma almeno tale da cambiare finalmente le logiche assassine dei costruttori e dei politici senza scrupoli.
      Il racconto dei tuoi ricordi di bambino e della tua forte vocazione alla lotta contro le mafie ti fa davvero molto, molto onore, come d’altra parte anche l’impegno giornalistico che metti nel tuo ottimo blog.
      E veniamo al punto che ci oppone diametralmente, come recentemente quello su Beppe Grillo e il suo movimento, .
      L’articolo che ho linkato, nella prima parte, dove prende le distanze dalle ipotesi mafiose, è del tutto allineato anche al tuo pensiero; si discosta invece nell’interpretazione finale, che a me è sembrata molto convincente, e che riporto qui:
      Ho l’impressione che i mandanti siano i membri di quella Cupola Nera – composta da massoneria, politica corrotta, pezzi deviati dei servizi segreti e finanza speculativa – che da decenni tiene in scacco l’Italia. Il cambiamento sta scuotendo le fondamenta del loro potere. Si sentono minacciati. E quindi loro minacciano. Nel modo più feroce possibile.
      E’ un’opinione che, con toni diversi, è ripresa in molti altri commenti, ed è suffragata da decenni di stragi (i cui ideatori non sono mai stati identificati e condannati), che purtroppo hanno costellato la nostra storia recente. Non credo proprio che sia immorale diffondere opinioni come quella in oggetto, e che i lettori del Fatto siano dotati di sufficiente spirito critico per evitare spaventi irrazionali. D’altra parte tu stesso, nella frase finale del tuo commento, senti onestamente il bisogno di lasciare aperta questa ipotesi.
      Vorrei, naturalmente, che fosse vera quella per cui propendi tu, un movente personale; ma in questo caso sì che mi sembra davvero spropositato il gesto distruttivo, rispetto a un progetto che colpisse sicuramente e soltanto la vittima designata.

      Ti saluto, caro Carlo, e ti ringrazio per l’attenzione e i contributi che dedichi sempre a queste mie pagine (e che non sempre riesco a ricambiare, causa tirannia del tempo…).

      • Carlo ha detto:

        Grazie mille sia per gli auguri, sia per i tanti complimenti che mi rivolgi sempre!
        Davvero troppo buono!
        Ma veniamo alla parte ‘pregna’ del discorso, ovvero al nostro dibattito (spero interessante). 🙂
        Forse non mi ero spiegato bene, del resto ti visito sempre a notte fonda e scrivo quando ormai crollo dal sonno, ma l’art. de Il Fatto non mi è piaciuto proprio perché attribuisce le responsabilità a presunte ‘cupole nere’ e lo fa non in modo obiettivo, come dovrebbe fare il buon giornalista che vaglia tutte le ipotesi -dalle meno alle + improbabili, e questa qua mi pare traballare parecchio-, ma in modo da instillare il germe del dubbio e della paura in chi legge. E questo non è il momento per aggiungere paura alla paura, per vedere complotti ovunque. Non è corretto, intellettualmente onesto, uscirsene con simili editoriali (perché di quello si tratta, giacché non si riportano fatti di cronaca e nemmeno notizie supportate da prove, ma solo una cascata di considerazioni personali) a nemmeno 24h da un simile attentato che destabilizza il Paese, col rischio di farlo ripiombare nel periodo più cupo delle stragi e della trattativa Stato-Mafia. Verrà il tempo per tirare fuori simili considerazioni, ma aspettiamo almeno che gli inquirenti ci diano delle prove su cui costruire i nostri castelli di carte!
        Non dico di non essere informati e preparati ad accogliere qualsiasi rivelazione, intendiamoci, ed è giusto che ci siano quotidiani che ci insegnino a ‘leggere tra le righe’ e ad essere sempre sospettosi, ma quell’articolo lì l’ho trovato un insieme di vaghe teorie e traballanti supposizioni… roba da Giacobbo, per intenderci… io, che sono un fiero esponente della corrente ‘a pensar male si fa peccato, ma ci si piglia spesso’ non scriverei mai niente di simile sul mio modestissimo blog, dove è già più normale aspettarsi che vengano pubblicate considerazioni del tutto personali, frutto della fantasia -magari malata- del suo autore, ma non vorrei vedere tantomeno artt. così campati in aria sui giornali…
        Che poi il Fatto è un quotidiano godibilissimo, sempre sulla notizia, zeppo di inchieste,

        Peccato che abitiamo lontano, perché sul balcone mi sono spuntati enormi cespugli di Nasturzio, piante commestibili a quanto pare ottime per le insalate (a mio padre, almeno, piacciono molto): conoscendo la tua passione per la verdura, sono certo che ne andresti matto! 😉

        ma questa volta mi è piaciuto poco…

      • Franz ha detto:

        Questa volta ho l’impressione che ci stiamo ‘incartando’ nel ribadire senza costrutto le nostre impressioni/opinioni, che, fermo restando il grande rispetto e amicizia reciproca con cui sono esposte, derivano evidentemente da nostre sensibilità e formazioni diverse.
        Rinuncio dunque a insistere sulle mie posizioni, …ma non rinuncio alla mia dose di rimpianto per quella verdura che non credo di aver mai assaggiato!

        Salutone.

        • Carlo ha detto:

          Eh, eh, eh! Se hai un pezzetto di terra, anche un vaso piccino, ti consiglio di provare a buttarci qualche semino (si trovano in tutti i vivai, nei negozi con prodotti per l’orto e persino nei supermercati): sono piante rigogliose che vengono in poco tempo tempo e raggiungono dimensioni importanti, a patto di innaffiarle di continuo.
          Con meno di 1 euro ti farai un bel po’ di condimenti! E in più i nasturzi fanno fiori molto belli, profumati, che, a quanto si legge per la Rete, sono forse più buoni delle foglie (ricchi di vitamina C).

        • Franz ha detto:

          Grazie delle preziose indicazioni!
          Anche se abito dove la campagna prevale sull’urbanizzazione, il mio appartamento non ha né giardino né balconi, per cui i miei nasturzi dovranno accontentarsi di un davanzale… 😦

  8. amanda ha detto:

    sei riuscito a dormire sabato notte? mi sorprendi sempre 🙂

    • Franz ha detto:

      Abito al primo piano e sopra di me c’è solo il tetto (e anche gli edifici vicini sono fatti così); gli effetti di quella scossa sono stati meno spaventosi che per tanti altri, anche più distanti come te dall’epicentro.
      E poi ho dormito solo un’ora, cioè meno di un decimo del mio quotidiano fabbisogno personale

Commenti:

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